E’ ormai risaputo che viviamo nell’ “Era della plastica”, basta guardarci intorno e notare quale sia il materiale più presente, in tutte le sue svariate forme, per capire che state vivendo in quest’epoca.
La produzione della plastica è in continuo aumento, ciò è dovuto al fatto che si tratta di un materiale leggero, chimicamente inerte e facilmente lavorabile.
Le caratteristiche sì, sono straordinarie, ma la plastica dispersa nell’ambiente origina un elevato danno paesaggistico e un inquinamento eco sistemico, più di ogni altra cosa per la natura "indistruttibile" di questi materiali.
Ad incrementare il problema va aggiunto che, in questo periodo, produrre un manufatto in plastica riciclata costa in genere più che produrlo utilizzando materiale vergine. Proprio a causa di ciò un qualsiasi produttore ci penserà bene se spendere denaro nel tentativo di trovare un processo che permetta di avere un prodotto equivalente utilizzando materiale riciclato, spendendo però molto di più.
Ma esiste un modo alternativo per riciclare comuni oggetti in plastica?
E' possibile pensare alla stampa 3D come un sistema che possa aiutare a riciclare oggetti arrivati a fine vita?
Una risposta univoca non è facile darla, ma in aiuto arriva Perpetual Plastic Project!
In questa guida:
> Perpetual Plastic Project e i test sui materiali riciclabili
> Quale plastica si può riciclare tramite stampa 3D?
> Test di riciclo PLA
> Test di riciclo PS
> Test di riciclo LDPE
> Test di riciclo PA
> Test di riciclo PP
> Test di riciclo PET
> Commento all'approccio di PPP
> Come produrre a casa filamento per stampa 3D
Perpetual Plastic Project e i test sui materiali riciclabili
Tra tutte le realtà che hanno cercato di dare una risposta a domande così difficoltose e tecniche, Perpetual Plastic Project è forse quella che ha cercato di semplificare il più possibile il concetto di "ciclo della plastica".
Perpetual Plastic Project propone diverse modalità di riciclo della plastica proveniente di oggetti d'uso comune e, tra le possibili soluzioni, è presente anche la stampa 3D.
Dopo una ricerca in questo campo, ho trovato l'approccio estremamente pratico di Perpetual Plastic Project estremamente efficace e probabilmente d'interesse per il pubblico dei maker.
In questa guida faccio riferimento all’articolo intitolato “Plastics that can be recycled for 3D printing” di Bart Bleijerveld, purtroppo oggi non più disponibile in rete, ma del quale siamo riusciti a recuperare i contenuti fotografici pubblicati nel lontano 2012.
In quell'articolo Bleijerveld metteva in pratica l'uso delle macchine progettate da Perpetual Plastic Project. L'obiettivo? Verificare quali plastiche d'uso comune fossero riutilizzabili tramite stampa 3D.
Nelle prossime righe trovate i test di riclo della plastica tramite stampa 3D effettuati dal team di PPP.
Quale plastica si può riciclare tramite stampa 3D?
Siccome non si hanno informazioni dettagliate circa la duttilità dei materiali utilizzabili nella stampa 3D, secondo il team della PPP il modo migliore per scoprirlo è stato quello… di provarlo!
Per l’appunto hanno raccolto nel tempo differenti tipologie di plastiche raccolte in luoghi pubblici, le hanno trattate attraverso la torre di lavaggio, in seguito introdotte prima nel trituratore, poi nell’estrusore e, infine, sono state stampate in 3D.
Ogni test è stato opportunamente documentato con foto, le stesse foto che ti ripropongo oggi in questo articolo.
Test di riclo PLA (acido polilattico)
Il primo materiale testato è il PLA (immagine di copertina), trovato al Lowlands festival 2012 nei Paesi Bassi. Esso costituisce al momento un materiale monouso utilizzato spesso nei festival e piuttosto comune per i FDM.
Si è riscontrato che il PLA funziona bene sia all’estrusore che nella stampa 3D: decisamente un ottimo inizio!
Test di riclo PS (Polistirolo)
Il test successivo è stato fatto sull’altro materiale usa e getta più comune nello stesso festival, ovvero il polistirolo. Il team è riuscito con successo a riciclarne un bicchiere creando anelli all‘Open Day dell’ospedale Martini presso Groningen.
Test di riclo LDPE (Polietilene espanso a bassa densità)
Il terzo materiale che il team ha aggiunto alla lista dei successi è quello delle buste di plastica, anch’esso pratico e comodo usa e getta comunemente utilizzato, realizzate in LDPE, ovvero polietilene espanso a bassa densità.
L’idea è nata dal voler riutilizzare le buste rotte dal caratteristico colore blu del Albert Heijn, un supermercato diffuso nei Paesi Bassi; inizialmente, giacché il trituratore è stato progettato per bicchieri, non ha funzionato correttamente con le buste e sono stati costretti a tagliare a mano… un lavoro lungo e faticoso!
La fatica è stata però ripagata: dall’LDPE iniziale ne è derivato un materiale finale simile al primo, ovvero dotato di buona flessibilità come le buste, appunto.
Oltre alle buste sono anche stati utilizzati tappi di bottiglie dello stesso materiale con risultati notevolmente buoni!
Test di riclo PA (Poliammide)
Il successivo materiale proviene da una partita di poliammide in polvere ottenuta da Shapeways. Questa polvere è il materiale di scarto dalle loro macchine da stampa SLS 3D ed è stata usata come input con la macchina della PPP per la stampa con tecnologia FDM.
Nella fase successiva di stampa con lo stesso materiale si è reso necessario qualche ritocco per la stampa 3D, riuscendo nell’intento di creare un anello adeguato PPP.
Si può dedurre che il poliammide lavora bene per estrusione, anche se la relativa polvere richiede un progetto idoneo, in grado di poterla maneggiare.
Test di riclo PP (Polipropilene)
I membri del team erano dubbiosi se inserire questo test fra i successi, poiché in principio il test ha dato esito negativo: introducendo nell’estrusore alcune scatole rotte dell’IKEA, esso restituì solamente alcuni filamenti disordinati. Tutt’altro riscontro per la stampa 3D, infatti i filamenti sono risultati particolarmente efficienti alla stampa.
Nonostante le impostazioni di base fossero uniformate per una stampa PLA, è visibile come il risultato sia eccellente!
Test di riclo PET (Polietilene tereftalato)
Polietilene tereftalato (PET) è una plastica molto comune, una delle materie plastiche più utilizzate e riciclate al mondo.
Per poter fare un riciclo di alta qualità è necessario un trattamento speciale rispetto ad altre materie plastiche, poiché si presente sia in forma amorfa, quella trasparente, che cristallina, bianca e opaca.
L’unione delle due porterebbe, come intuito, ad un risultato disomogeneo, inoltre prima di entrare nell’estrusore entrambi i materiali vanno essiccati e cristallizzati... un’ottima sfida per un team davvero in gamba!
Commento all'approccio di PPP
In conclusione, il team di PPP si presta ad accogliere nuove idee sul come impiegare altre materie plastiche per la stampa 3D, sperando che queste possano costituire un successo ulteriore per raggiunger un obiettivo ancor più ambizioso: portare all'eliminazione del complesso e costoso processo di separazione della plastica per il riciclaggio.
Ma l'apprroccio di PPP è davvero utile ai fini di agevolare il riciclo della plastica?
Il mio personale parere è che i test effettuati non possano essere troppo generalizzati e che, senza dubbio, non hanno lo scopo di affiancarsi alla ricerca scientifica.
E' innegabile però l'utilità di un approccio pratico come questo in un'ottica di sensibilizzazione nei confronti di pratiche poco virtuose che l'essere umano continua ad avere nei confronti dell'ambiente. PPP infatti ha lo scopo di dimostrare quanto può essere semplice cambiare le nostre abitudini e, di conseguenza, avere un impatto positivo sul mondo.
In conclusione, credo che il progetto PPP sia degno di avere visibilità e di essere appoggiato da tutti, soprattutto da noi che, con la stampa 3D, possiamo divertirci e, perché no, avere anche un ruolo positivo!
Come produrre a casa filamento per stampa 3D
Se ti interessa il tema del riciclo e vuoi approfondire diversi approcci, in questa guida puoi scoprire come realizzare il filamento per la stampa 3D semplicemente a casa tua.
Non ti aspettare chissà quali magie, in questo caso l'attenzione è posta più che altro sui costi del materiale più che sull'impatto ambientale. Eppure, come vedrai, i due discorsi non sono poi così lontani tra loro!
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