Da quando è esplosa la stampa 3D, questa tecnologia ha destato stupore, euforia ma anche critiche, sopratutto per l'utilizzo di plastica in gran parte vergine. Il tema del riciclo della plastica è quindi diventato primaria importanza.
Una delle caratteristiche che molti pensano sia integrata nella tecnologia della stampa 3D è quella di garantire la fruibilità di questo cerchio continuo, creando nuovo filamento plastico da modelli inutilizzati o rotti.
La realtà è che lo stato attuale dei materiali utilizzati dalle stampanti comuni non è al passo con questa prospettiva: alcune realtà si propongono tuttavia di rimediare a questa mancanza, permettendo in questo modo di aprire le porte a una moltitudine di opportunità che potranno potenzialmente avere anche un impatto positivo sull’ambiente e sul mondo.
Come risolvere il problema dell'utilizzo di plastica vergine nella stampa 3D?
Una di queste realtà si chiama Better Future Factory (BFF), una società di design nata da 5 ex studenti di design industriale alla Delft University in Olanda.
L’utilizzatore finale, a detta di BFF, ha il potere di influenzare gli scarti plastici scegliendo se riciclare o semplicemente buttare via un prodotto. Uno degli obiettivi di BFF è quello di instaurare una prospettiva di rivalutazione degli oggetti quotidiani, accrescendo la consapevolezza delle persone del valore aggiunto ad essi con la possibilità di plasmarli successivamente in qualcosa di nuovo.
Grazie alla stampa 3D, BFF ha creato la Perpetual Plastic Project, un’installazione interattiva di riciclo di materiali plastici. Immaginate di avere un bicchiere di plastica rotto o un giocattolo inutilizzato. L’installazione provvede a ridurre gli oggetti in questione in particelle sempre più fini attraverso una serie di sminuzzatori e setaccia il risultato per ottenere una polvere più o meno uniforme.
Il risultato viene quindi processato da una macchina riscaldante che fonde la plastica e produce come prodotto finale un filamento adatto per la stampa 3D.
Il mercato globale dei filamenti per le stampanti 3D ha già raggiunto il valore di 670 milioni di dollari, ed è previsto che aumenterà; tuttavia fino ad ora si ha sempre utilizzato filamento di plastica vergine per le stampe.
Seppur questa installazione di riciclaggio non funziona per ogni tipo di plastica ancora, ci si può aspettare che in un prossimo futuro la soglia di plastiche vergini utilizzate per i fini della stampa potrà crollare, lasciando il posto a filamenti frutto di riciclaggio.
Bisogna notare che allo stato tecnologico odierno la qualità dei filamenti ottenuti con questa metodologia non è delle migliori: il filamento di plastica risultante presenta infatti delle imperfezioni sporadiche che possono compromettere la qualità del prodotto stampato.
Tuttavia è innegabile che tale approccio sarà necessario per sfruttare ottimalmente le risorse già a nostra disposizione, senza produrre nuovi materiali grezzi con cui lavorare. Le prospettive di un potenziale risparmio economico vengono sminuite da quelle che sono le possibilità di un’impatto positivo sull’ecologia globale, su cui abbiamo già lasciato le nostre impronte a forma di chiazze chilometriche di pellet plastici negli oceani e troppo a lungo siamo rimasti a guardare.
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