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Se la Materialise World Conference fosse una bevanda sarebbe sicuramente una Stella Artois, celebre lager prodotta a Lovanio, dal gusto fresco e raffinato ma capace di farci fluttuare dolcemente tra le ebrezze alcoliche se assunta prolungatamente. Metaforicamente parlando è esattamente ciò che è capitato a me nei giorni trascorsi a Bruxelles, ebbra di stampa 3D.


Già dalla fase di promozione, la conferenza si prospettava come un evento di portata mondiale, ricco di ospiti illustri e contenuti stimolanti e posso affermare che non ha deluso le mie aspettative, anzi. Sarebbe impossibile descrivere nel dettaglio tutto ciò che ho visto ed appreso e, sebbene la sintesi non sia una delle mie doti principali, cercherò di riassumere i tre giorni trascorsi in Belgio focalizzandomi sugli highlights.



Apertura ed interventi dei Keynote speakers


Thumbs up per la location! Le varie traiettorie della conferenza hanno avuto luogo, parallelamente, in diverse sale tutte all’interno dello Square, centro conferenze situato nel cuore di Bruxelles, un tripudio di vetro e acciaio che fa capolino tra le preesistenze storiche degli edifici circostanti. Gli interventi di apertura erano rivolti a tutti i partecipanti, a prescindere dalla traiettoria. Il primo ad iniziare è stato il padrone di casa, Wilfried Vancraen, CEO di Materialise:


“A new world is being made possible by 3D Printing, where designers can engineer better products, where doctors can be better doctors, where people can share the best of themselves”


Con queste parole il fondatore di Materialise ha presentato al pubblico la mission della propria azienda, evidenziando che all’inizio, soprattutto in ambito medicale, c’era molto scetticismo nei confronti della stampa 3D. Il principale obiettivo della conferenza, quindi, è stato quello di mostrare ciò che la stampa 3D è riuscita a fare ed i benefici che ha apportato concretamente in diversi settori. Successivamente la parola è passata al professor Hod Lipson, docente della Cornell University ed autore del celebre testo “Fabricated: The New World of 3D Printing”. Dopo una breve introduzione sull’evoluzione della stampa 3D negli anni ha mostrato delle potenziali direzioni di sviluppo futuro della stampa 3D, tra cui ricerca sui materiali, ottimizzazione topologica, stampa 3D di oggetti composti da voxels e stampa di sistemi integrati attivi e funzionanti (come per esempio gli altoparlanti totalmente stampati in 3D e funzionanti).


Il professor Lipson ha proposto, inoltre, delle riflessioni molto interessanti sul reale impatto della stampa 3D nella società. C’è chi la definisce una rivoluzione e chi invece sostiene che sia solo una moda. Il professore ha evidenziato che, storicamente, ogni qual volta si è riusciti ad abbattere i costi di un processo e portarli a zero, ci si è trovati dinnanzi ad una rivoluzione tecnologica. Nel caso della stampa 3D i costi che tendono a zero sono quelli relativi alla complessità (a parità di materiale un oggetto molto complesso costerà quanto uno più semplice), all’eterogeneità delle parti da stampare, ai vincoli formali ed all’esperienza da possedere per poter realizzare un oggetto in 3D, può farlo anche un bambino. Il terzo relatore della sessione di apertura, Clara de la Torre, Direttore de KETs (Key Enabling Technologies) per la Comunità Europea, ci ha parlato del ruolo del Additive Manufacturing all’interno dei progetti di ricerca e di finanziamento dell’Unione europea. In particolare, l’unione europea, dal 1991 al 2013, ha finanziato, attraverso sette FP (Framework Programme) 87 progetti. I progetti finanziati negli anni 2007-2013 sono stati 60 ed i fondi stanziati sono stati circa 160 milioni di euro. Degli esempi di progetti finanziati dall’unione europea sono “Performance” per la produzione di cibo stampato in 3D per gli anziani e personalizzato in funzione delle esigenze e carenze di ciascun consumatore, finanziato con 3 milioni di euro a fronte di un budget di 4 milioni di euro, “Artivasc 3D” per lo sviluppo di tessuti epiteliali artificiali destinati agli impianti di tessuti molli oppure adoperati per esperimenti farmaceutici, limitando così i test sugli animali. Questo progetto ha ottenuto 7,8 milioni di euro a fronte di un budget di 10,5 milioni di euro. A conclusione del proprio intervento, la del la Torre ci ha presentato Horizon 2020, il più grande piano europeo di finanziamento alla ricerca e all’innovazione, con circa 80 miliardi di euro da stanziare in un totale di 7 anni (2014-2020).


Dai numeri dell’Unione Europea si è passati, mediante la presentazione del quarto relatore, Terry Wohlers, ai numeri relativi allo sviluppo dell’additive manufacturing in ambito industriale. Evidenziava che, nonostante negli anni 2013-2014 vi sia stato un boom di stampanti FDM sul mercato internazionale, con numerosissime nuove aziende produttrici di stampanti di questo tipo, la vera crescita si è riscontrata in ambito industriale, circa il 92,5% nel 2014. In particolare, le tecnologie destinate ad ambiti industriali che manifestano una crescita particolarmente marcata sono le SLM, le EBM e le DMLS e quelle multi-materiale. Ultimo ma non ultimo, Anouk Wipprecht, FashionTech designer, ci ha mostrato le sue creazioni, abiti tecnologici che fondono fashion, stampa 3D ed elettronica e che, simulando il comportamento dei sistemi biologici, attraverso sensori, captano gli impulsi esterni ed in funzione di questi stimoli reagiscono in modi diversi. Lo “Smoke Dress”, per esempio, è dotato di sensori di prossimità ed ogni qual volta un individuo si avvicina al soggetto, invadendone lo spazio personale, un particolare sistema integrato nel vestito rilascia una leggera coltre di fumo. A fine presentazione abbiamo potuto osservare dal vivo un altro vestito realizzato dalla Wipprecht, lo “Spider Dress”, ispirato ai meccanismi di difesa degli aracnidi e stampato in PA-12 adoperando la tecnologia SLS. Anche in questo caso si da grande valore al proprio spazio privato ma, a differenza dello “Smoke Dress”, questo abito è dotato di aculei meccanici che si contraggono o si distendono in funzione dell’intensità del respiro del soggetto che lo indossa. Inutile specificare che durante questa presentazione la platea era assolutamente stupefatta ed ipnotizzata.



Ulteriori interventi - Additive manufacturing summit


Gli interventi di apertura sono stati senza dubbio di grande ispirazione tuttavia non sono mancati i fuochi d’artificio anche durante la sessione pomeridiana e quella della giornata successiva. Come anticipato in un precedente articolo, la conferenza era suddivisa in quattro traiettorie, due prevalentemente dedicate all’ambito medicale e due dedicate alle imprese e start-up che stanno impiegando la stampa 3D nelle proprie attività produttive. Io ho seguito gli interventi del “Additive Manufacturing Summit” ed è stato molto interessante constatare in che modo la stampa 3D abbia conferito un valore aggiunto non solo al ciclo produttivo di piccole imprese e start-up ma anche a quello di aziende del calibro di Adidas, Mazda e Samsonite. Tra i vari interventi mi ha colpito molto quello del Dr. Atsushi Kawamoto, Senior Researcher/Program Manager di Toyota, il quale ha illustrato il processo di progettazione dei prototipi dei sedili delle vetture della multinazionale giapponese. Tali elementi dovevano essere più leggeri possibile, pur preservando determinate prestazioni strutturali. Per soddisfare questo requisito sono stati combinati due elementi: ottimizzazione topologica e additive manufacturing. A livello concettuale, l’ottimizzazione topologica della struttura dei sedili implica non solo il risparmio in termini di materiale, distribuendolo in maniera più intelligente, ma anche la riduzione della capacità termica e quindi un miglioramento del benessere dell’utente. A livello pratico, l’unica tecnologia che consente di realizzare prototipi di questo tipo è la stampa 3D, in particolare, nel caso in questione, è stata usata la tecnologia di sinterizzazione laser. Dall’immagine si può notare che l’ottimizzazione topologica è stata applicata due volte, in prima istanza per determinare una struttura principale ed in seconda istanza per alleggerire ulteriormente le parti a bassa densità mediante delle cellette ottaedrali.


A conclusione della prima ed intensa giornata di conferenza abbiamo assistito in anteprima all’esibizione “Making a difference/ a difference in making” curata dall’architetto Marta Malé-Alemany e tenutasi al museo Bozar. Nella giornata di sabato, invece, abbiamo visitato il quartier generale di Materialise, prossimamente vedrete un articolo dedicato al factory tour.

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