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Le migliori guide alla stampa 3D, curate dalla redazione di Stampa 3D forum. Guide all'acquisto, guide all'uso, consigli pratici e molto altro.
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TCT Show 2015 - FormLabs Form 2

Pubblicato da stampa3D, in Novità,

E' stata annunciata poco più di una settimana fa - ve ne abbiamo parlato qui - eppure abbiamo già avuto modo di vederla al TCT Show 2015.

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La FormLabs Form 2 presenta diversi miglioramenti rispetto ai modelli precedenti: laser più potente, meccanismo di rimescolamento della resina durante la stampa, volume di stampa maggiorato e schermo LCD touchscreen.

Il meccanismo di rimescolamento della resina che si attiva durante la stampa permette di rimuovere eventuali residui che potrebbero rovinare l'oggetto finale. I modelli che abbiamo potuto vedere ci hanno colpiti per il materiale, di qualità notevole, e per la dimensione, che al massimo più essere di 145 x 145 x 175 mm.

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Qui tutte le caratteristiche e prezzo di vendita.

Ringraziamo Plastink, sponsor ufficiale della nostra visita al TCT Show + Personalize 2015.

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TCT Show 2015 - Plastink

Pubblicato da stampa3D, in Novità,

Al TCT Show + Personalize vi erano anche produttori italiani. Non si parla solo di produttori di stampanti 3D, ma anche di filamenti. Il noto produttore di filamento italiano Plastink, nostro sponsor per il TCT Show 2015, ha colto l’occasione per presentare ad un pubblico internazionale la sua nuova gamma di filamenti metalizzati in PLA.

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Il PLA metalizzato è stato pubblicizzato molto sul sito di Plastink nelle ultime settimane. Si tratta di un filamento contenente polveri metalliche, le quali donano al filo una finitura visiva simil-metallo.
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“I materiali erano già pronti da tempo, ma abbiamo deciso di aspettare il TCT Show per il lancio ufficiale al pubblico. Volevamo presentarli alla fiera internazionale più importante sulla stampa 3D”, ci spiega Gianluca Dal Bianco, responsabile commerciale. “Mentre per la stampa 3D i materiali caricati con polveri di metallo rappresentano una novità, per Plastink sono invece una tecnologia datata e consolidata”.

Tali conoscenze erano già in possesso dell’azienda italiana grazie ad Aquila Corde Armoniche, produttore di corde per strumenti musicali dalla quale è stata creata Plastink. “Con Aquila Corde Armoniche produciamo da sempre corde appesantite con polveri di metallo. Non abbiamo dovuto fare altro che ottimizzare il polimero per la stampa 3D”, continua Gianluca.

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BIONYLON PLASTINK

Se per i PLA metallizzati Plastink è partita da conoscenze che già possedeva, stessa cosa ha fatto per la produzione del suo BioNylon, materiale molto apprezzato per la sua derivazione vegetale. Il bionylon è prodotto dal 68% da derivati vegetali, con una riduzione del 50% di emissioni in atmosfera durante la produzione rispetto al nylon tradizionale. Dopo averlo proposto e usato per molti anni nell’ambito delle corde per strumenti musicali, attraverso Plastink è stato di deciso di rilanciare questo materiale nel settore della stampa 3D. Il BioNylon è estrudibile a temperature più basse rispetto il nylon tradizionale e permette a Plastink di percorrere una strada più ecofriendly rispetto ai concorrenti.

In un futuro non troppo lontano Plastink vorrebbe anche iniziare a produrre per i propri filamenti dei rocchetti in PLA, sempre in ottica di impatto ambientale.

Partendo quindi da piccole produzioni ben selezionate, la gamma di materiali su cui Plastink si focalizzerà nei prossimi mesi è la seguente:



ABS bianco e nero;
PLA colorati;
PLA metalizzati in oro, alluminio e bronzo;
BioNylon;
Gomma in tre tipologie di durezza.

Le sicurezze di Plastink non si fermano solo alla qualità del materiale, ma si sviluppano anche nella distribuzione. Essendo già strutturati con Aquila Corde Armoniche, Plastink può vantare di una rete di distribuzione di livello internazionale consolidata  su cui appoggiarsi.

Il futuro di Plastink verterà nella ricerca di materiali più sostenibili nei confronti dell'ambiente, ottimizzando le proprie produzioni su materiali che possano far sviluppare il mercato.

Ringraziamo Plastink, sponsor ufficiale della nostra visita al TCT Show + Personalize 2015.

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TCT Show 2015 - Autodesk Ember

Pubblicato da stampa3D, in Novità,

Dopo aver reso pubblici i disegni tecnici per la costruzione di Ember - li trovate sulla piattaforma Spark o Fusion 360 - Autodesk ha continuato a promuovere la propria stampante 3D dimostrandone le capacità tecniche.

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Tra i diversi materiali esposti al TCT Show 2015, quello maggiormente degno di nota è lo Standard Clear Resin. Oltre ad avere un peso specifico non indifferente, la trasparenza di questo materiale può aprire nuove strade nel mondo della prototipazione.

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Ringraziamo Plastink, sponsor ufficiale della nostra visita al TCT Show + Personalize 2015.

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Per 3D Platform le stampe a grandi dimensioni non sono un problema. Con un volume di stampa di 100 x 100 x 50 cm le possibilità di questa stampante 3D sono ben poco limitate.

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3D Platform utilizza filamento da 3 mm di diametro, è completamente open source e permette di stampare qualsiasi materiale.

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Stampare a grandi dimensioni non significa necessariamente metterci più tempo. Gli ugelli intercambiabili da 0.4 a 1.2 mm permettono di scegliere la finitura e i tempi di stampa. La velocità di stampa si aggira tra i 70 e i 100 mm/s, offrendo la possibilità di aggiungere un secondo ugello.


Assolutamente apprezzabile è l'intelligentissimo metodo per far entrare in casa la stampante: per la consegna il piatto di stampa viene trasportato in verticale, pur essendo già assemblato. In questo modo sarà possibile portare la vostra 3D Platform all'interno di qualsiasi spazio. Il prezzo è di 20.000 $.

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Ringraziamo Plastink, sponsor ufficiale della nostra visita al TCT Show + Personalize 2015.

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Comunicato stampa


La stampante 3D più grande del mondo – ben 12 metri di altezza – per realizzare case in argilla, non è più solo un progetto di ricerca ma una realtà, peraltro tutta italiana. L’artefice è WASP, azienda ravennate leader nel mondo della stampa 3D.

La vocazione del gruppo è manifesta già nel nome, l’acronimo di World’s Advanced Saving Project. La presentazione della BigDelta – così si chiama la stampante gigante – avverrà all’interno di un raduno della durata di tre giorni: il 18, 19 e 20 settembre la cittadina romagnola di Massa Lombarda ospiterà una serie di workshop, conferenze, concerti e spettacoli che animeranno il coronamento di questo sogno. Al centro della scena in aperta campagna ci sarà, per la sua prima uscita ufficiale, la mega stampante 3D di WASP.

La realizzazione della BigDelta è però molto più che un sogno realizzato se consideriamo che le stime internazionali prevedono entro il 2030 una rapida crescita della richiesta di alloggi a prezzi accessibili ed adeguati per oltre 4 miliardi di persone con un reddito annuo sotto i 3000 dollari. Per soddisfare questa domanda le Nazioni Unite stimano che per i prossimi 15 anni vi sarà un fabbisogno giornaliero di 100.000 unità abitative. WASP, che in questi anni ha fatto del concetto di autoproduzione e di conoscenza condivisa il cuore del progetto, propone una visione molto più estesa rispetto a quella di una casa a costo zero. Stiamo parlando della MakerEconomy, un nuovo modello in cui tutto può essere autoprodotto grazie a soluzioni condivise fornite dalla stampa 3D e legate alle necessità primarie: lavoro, salute e abitazione.

“La realtà del sogno” è il nome del raduno che vedrà pensiero filosofico, tecnologia e progresso sostenibile permeare le attività svolte al suo interno. Non mancherà l’arte: la BigDelta diventerà infatti palcoscenico e scenografia dello spettacolo teatrale Shamballa, presentato dal Teatro Rigodon, scritto e diretto da Alessandro Cavoli.

Tre giorni di innovazione e condivisione quelli del 18, 19 e 20 settembre, e chissà che in futuro questi giorni non siano ricordati come le date di una vera e propria rivoluzione.

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Il programma dettagliato del raduno è in fase di definizione e sarà presto reso pubblico. Info: www.wasproject.it



Gabriele Carrara
eSUN ha rilasciato ePC 3D, un Policarbonato per soddisfare una delle esigenze più particolari nella stampa 3D FDM. ePC 3D si presenta come un materiale semicristallino con ottime caratteristiche meccaniche e un'ottima trasparenza grazie alla disposizione delle macromolecole, ben legate fra di loro. E' però molto vulnerabile a oli, i quali possono dare vita a problemi e rotture.

Ma la caratteristica che colpisce di più è che il Policarbonato presenta un ottimo livello di autoestinguenza, questo è determinato da prove di laboratorio.

Le prove di Underwriters Laboratories, società Americana, sono le più usate per determinare l'infiammabilità di un polimero plastico. Ovviamente è necessario specificare se il materiale plastico è addizionato di ritardante di fiamma o alogen-free.

In questo caso l' ePC presenta la sigla HB - V2 con:

HB - Consiste nel misurare il tempo in cui il provino di materiale plastico di spessore specificato montato orizzontalmente continua a bruciare dopo che sia stato investito dalla fiamma di un Bunsen per 30 sec;
V2 - La prova consiste nel misurare il tempo in cui il provino di materiale plastico montato verticalmente di spessore specificato (3-6 mm) continua a bruciare dopo che sia stato investito dalla fiamma di un Bunsen per 10 sec.

eSUN consiglia questo prodotto per la creazione di prodotti nell'ambito tecnico come: automotive, accessori elettronici e parti meccaniche.

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Rimanendo in tema economico e dopo avervi presentato i risultati finanziari di Stratasys, oggi vi aggiorniamo sullo stato di 3D Systems.

3D Systems è il secondo grande player mondiale nel settore della stampa 3D - insieme a Stratasys. Entrambe americane, le due aziende stanno passando periodo molto particolare per quanto riguarda le proprie finanze. Sono ormai mesi che, in seguito ad una grande crescita di interesse, gli investitori spostano i soldi su altri settori, a causa di una perdita di fiducia nel concetto della "stampante 3D per tutti". Non a caso diversi parlando di crisi della stampa 3D, anche se noi non siamo completamente d'accordo.

Questo è un segnale forte, che va a intaccare anche i colossi mondiali che producono stampanti 3D professionali, e che ha inevitabilmente dei risvolti sulle scelte strategiche delle aziende.

Nel secondo trimestre del 2015, 3D Systems ha incassato 170.5 milioni di dollari, constatando un aumento dei guadagni pari al 13% rispetto al secondo trimestre del 2014, ma contraendosi al ribasso del 5% per quanto riguarda l'organic revenue.

Per quanto riguarda le spese, 3D Systems ha fatto uscire dalle proprie tasche la cifra di 105.5 milioni di dollari, 25.7 di questi destinati ad attività di ricerca e sviluppo. Questi dati hanno subito un aumento dell'11%, segno che, proprio come Stratasys, anche 3D Systems sta puntando a produrre stampanti 3D sempre più evolute.

Parlando di interesse dei clienti, le tecnologie maggiore crescita sono state le SLA, SLS e DMP, in particolare nei settori aerospaziale e sanitario. Le tecnologie MJP e CJP hanno riscontrato un leggero rialzo dopo un periodo di calo d'interesse.

Avi Reichental, CEO di 3D Systems, dichiara: "While a period of high growth enabled us to acquire strategic assets and build critical expertise, our rapid expansion permitted certain operating inefficiencies that we are currently addressing. Specifically, we are enhancing the quality of our products and services, accelerating synergy and cost reduction measures, driving process improvements and working closely with our channel partners to improve our sales operations and worldwide coverage."

L'obiettivo rimane la crescita insieme ai propri partner, offrendo nuove tecnologie che possano portare vantaggio sui competitor.

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Stratasys, il colosso della stampa 3D americano, ha pubblicato ufficialmente i risultati finanziari del secondo trimestre di quest'anno.

Le entrate di questo secondo trimestre del 2015 ammontano a 182.3 milioni di dollari, sostenendo una perdita netta di circa 14.9 milioni di dollari. L'azienda ha investito 22.5 milioni di dollari in ricerca e sviluppo, con l'obiettivo di poter uscire sul mercato con prodotti innovativi nei prossimi anni. Con quest'ultimo investimento Stratasys ha investito un totale di 100 milioni di dollari, pari a circa il 12% dei guadagni dell'azienda, in progetti di ricerca e sviluppo.

Il totale delle stampanti 3D vendute solamente in questo secondo trimestre dell'anno ammonta a 6.731. Come potrete bene immaginare, questo numero non è dato solamente dalle stampanti 3D vendute col marchio Stratasys, ma comprende anche tutte quelle vendute da MakerBot. Il numero delle MakerBot vendute è di circa 6.000 sull'intero totale, un dato prevedibile vista la diversa tipologia di clientela a cui vanno a proporsi e, ovviamente, il prezzo.

Sebbene questi risultati finanziari non siano il massimo - in quanto riportano un calo delle vendite - bisogna sempre ricordare che Stratasys è un'azienda che muove centinaia di milioni di dollari (si parla di 500 milioni di dollari) e che, per dei dati di questo tipo, sicuramente non deve allarmarsi. E' vero, sono diversi mesi che - parlando in modo molto generale - i numeri sono in calo, ma è assolutamente sbagliato iniziare a pensare ad una crisi della stampa 3D come era stato dichiarato, poco tempo fa, da una grande testata giornalistica italiana - alla quale io stesso avevo risposto.

Probabilmente nei prossimi mesi la situazione rimarrà invariata, ed è proprio per questo motivo che Stratasys sta investendo in modo importante in ricerca e sviluppo: presentando nuovi prodotti e ottimizzando le proprie risorse riuscirà ad essere pronta alle richieste che, inevitabilmente, il mercato farà tra qualche anno.
Qui trovate il documento ufficiale.

Staremo a vedere.

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Il comunicato stampa risale a poche ore fa e lascia ancora diverse informazioni in sospeso. Quello che è certo è che Lumi Industries lancerà a breve una nuova campagna di crowdfunding su Kickstarter, andando alla ricerca di fondi per lanciare sul mercato il suo nuovo modello di stampante 3D: LumiPocket LT.

A soli 10 mesi di distanza dalla campagna IndieGogo dedicata a LumiPocket, Lumi Industries va ad ampliare la propria gamma di stampanti 3D. A differenza rispetto i modelli precedenti, LumiPocket LT è una stampante 3D a resina fotosensibile che non necessita di un proiettore esterno o di essere collegata ad un computer. La macchina sarà completamente autonoma, integrando un alloggiamento per schede SD da cui sarà possibile avviare le stampe. Tutto sarà gestibile da un piccolo schermo LCD.

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Andando a eliminare il proiettore esterno, fino ad oggi fondamentale nelle stampanti 3D di Lumi Industries, è stato aggiunto un modulo superiore contenente l'elettronica che permette ad un laser UV di muoversi in maniera guidata per svolgere tre funzioni: la stampa su resina fotosensibile, l'incisione laser e la fotoincisione di circuiti stampati.


In fase di stampa 3D, la risoluzione XY arriva a 100 µm, mentre quella verticale può raggiungere i 50 µm. L'incisione laser avviene invece con una potenza di 200mW, permettendo di incidere diversi tipi di materiali.

Ma non è tutto. Lumi Industries ci ha informati che per questo nuovo modello è stato ideato uno speciale "sistema di movimentazione basato su una variante dai noi ideata di braccio robotico SCARA che permette velocità, qualità e ingombri ridotti."

Il prezzo di lancio sarà inferiore ai 600€, ponendo LumiPocket LT tra le stampanti a resina più economiche sul mercato.

"Ora abbiamo bisogno del supporto di tutti voi per supportare una startup italiana che ha il coraggio di voler competere nel settore della stampa 3D, per portare avanti il progetto LumiPocket LT, e per poter dare vita alle tante idee innovative che abbiamo in cantiere e che speriamo di poter realizzare."

Ii lancio della campagna Kickstarter avverrà a breve, probabilmente entro qualche settimana.

Qui la pagina dedicata a LumiPocket LT sul sito di Lumi Industries.

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L'obiettivo di Divergent Microfactories è quello di ridurre le emissioni prodotte durante la fase di costruzione delle automobili. La soluzione dell'azienda californiana parte dal telaio stampato in 3D.

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La supercar prodotta da Divergent Microfactories si chiama Blade ed è il primo modello prodotto dall'azienda californiana che sfrutta una struttura modulare in metallo stampata in 3D. Ogni elemento che compone la struttura modulare è stampato in 3D utilizzando una polvere di alluminio che viene sinterizzata attraverso un raggio laser, proprio come nelle tecnologie SLS e DMP di 3D Systems che vi avevamo presentato in questo articolo. I vari elementi vengono poi collegati tra loro attraverso dei tubi di carbonio che s'incastrano nei nodi della struttura, in modo apparentemente semplice e veloce. Ogni nodo di collegamento è progettato su misura e standardizzato per questo tipo di assemblaggio, come se dovesse essere venduto sotto forma di kit.

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Kevin Czinger, CEO di Divergent Microfactories, dichiara che "attraverso questo sistema è possibile costruire telai per qualsiasi tipo di veicolo, dalle supersportive alle pickup, con un notevole risparmio di peso e di energie, dando vita a vetture estremamente resistenti e sicure."

Ed è proprio nella parola "peso" uno dei punti più interessanti della supersportiva Blade. Sfruttando il telaio proposto da Divergent Microfactories, utilizzando una carrozzeria di materiali compositi e montando un motore 4 cilindri, l'intera automobile pesa 635 chilogrammi e riesce a raggiungere i 100 Km/h in soli 2 secondi. Secondo le dichiarazioni della casa madre la struttura basata sugli elementi stampati in 3D peserebbe solamente 46 Kg.

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Secondo gli studi e ricerche condotti dall'azienda le auto moderne necessitano di tantissima energia per essere assemblate, andando a impattare in modo importante sull'ambiente dell'intero pianeta. All'interno del problema si trovano anche tutte le auto ibride ed elettriche che hanno iniziato a farsi spazio negli ultimi anni in quanto, anche se i consumi durante l'utilizzo vengono ridotti, le emissioni prodotte nella fase di costruzione sono aumentate rispetto a quelle delle automobili tradizionali.

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Divergent Microfactories ci tiene a specificare che il suo particolare sistema di montaggio può essere utilizzato anche come base per l'assemblaggio di altre tipologie di automobili, come i suv o i pickup. L'unico limite è dato dalle dimensioni standard dei pezzi stampati in 3D.

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L'obiettivo dell'azienda è quindi quello di "dematerializzare e democratizzare" l'industria dell'automobile, sfruttando la tecnologia della stampa 3D e dandola in pasto alle piccole realtà - chiamate "microfactories" - evitando i metodi tradizionali di lavorazione e riducendo i costi dei materiali di base.

Sicuramente Divergent Microfactories ha ancora molto lavoro da fare, tra cui dimostrare che il proprio sistema di assemblaggio possa essere assimilato dalle piccole attività produttive e che non esistano problemi tecnici nella costruzione di altri modelli di automobili.
Se siete interessati ad approfondire,
di presentazione di Divergent Microfactories.
Volete vedere un'altra automobile che monta elementi stampati in 3D? Ecco una Shelby Cobra in scala 1:1 e perfettamente funzionante.

Giulio Bigliardi
Per gli amanti del filamenti speciali, in questo test abbiamo provato il filamento caricato con polvere di marmo prodotto dall'italiana TreeD Filaments. Scopriamo insieme le enormi possibilità di post-produzione dei pezzi stampati.

Quando oltre un anno e mezzo fa ho iniziato a fare le mie prime stampe 3D, scegliere il materiale da utilizzare era piuttosto semplice: PLA o ABS. Iniziavano a circolare i primi materiali speciali, come il laybrick o il laywood, ma ancora non c’era tutta quella ricerca sui materiali che imperversa da almeno sei mesi a questa parte. In quel momento le aziende erano più interessate allo sviluppo di nuove stampanti, con l'obiettivo di ritagliarsi una fetta di quel ricco mercato che sarà la stampa 3D nei prossimi anni. Ora invece escono materiali nuovi ogni mese, tanto che è veramente difficile restare costantemente aggiornati.

Noi di 3D ArcheoLab ci occupiamo da tempo di nuove tecnologie digitali legate al 3D per migliorare l’accessibilità dei nostri Musei. In particolare attraverso la stampa 3D riusciamo a produrre repliche fedeli di opere conservate nei nostri Musei, che utilizziamo per allestire percorsi tattili per ciechi e ipovedenti.

La stampa 3D di reperti archeologici non è cosa semplice: si tratta di oggetti con particolari a volte anche molto minuti che devono essere conservati per poter essere esplorati con il tatto, inoltre hanno spesso sottosquadri molto accentuati che rendono la stampa impegnativa e il risultato finale a volte compromesso dall’impossibilità di togliere in modo adeguato i supporti, andando quindi a incidere sulla qualità “tattile” della riproduzione. A queste difficoltà si aggiunge il nostro desiderio di creare oggetti che siano fedeli all’originale non solo nella forma, ma anche nei materiali, per creare un'esperienza tattile il più possibile completa. L’effetto "plasticoso" di PLA e ABS per questo motivo non ci è mai piaciuto.

Da qui sono iniziate le nostre sperimentazioni - non ancora concluse - sui materiali.

In questo post voglio raccontarvi la nostra prova di stampa di un materiale nuovo prodotto in Italia da TreeD Filaments: il Monumental della serie Architectural. Si tratta di un filamento composto da un polimero di base e dall’80% di polvere di marmo.

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Per stamparlo ci siamo fatti aiutare da 3DPR, una società di Langhirano (PR) specializzata nella realizzazione di stampanti FDM personalizzate, uno dei rari esempi in cui le stampanti sono progettate per le esigenze specifiche di ciascun utente e non per un mercato di massa.

Abbiamo stampato un reperto archeologico esposto al Museo Nazionale Etrusco di Marzabotto: la testa di un Kouros in marmo greco del 500 a.C., di ca. 20 cm di altezza. La riproduzione farà parte di un allestimento che inaugureremo a settembre.

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La stampa è stata realizzata con una stampante chiusa e con piatto riscaldato e le impostazioni di stampa, messe a punto dopo alcune prove, sono state le seguenti:



layer: 0,2 mm
shell thickness: 0,6 mm
bottom/top thickness: 1 mm
riempiemento: 10%
temperatura di stampa: 218°C
temperatura del piatto: 95°C
velocità di stampa: 40 mm/s.

 
Il risultato finale ci ha soddisfatto molto per numerosi motivi. Innanzitutto, la possibilità di post-lavorazione: grazie alla presenza di polvere di marmo l’oggetto può essere con facilità levigato con carta vetrata ed è così possibile togliere non solo eventuali imperfezioni, come le sbavature dei supporti, ma anche quell’effetto layers che per oggetti destinati ad essere fruiti tattilmente può disturbare. Abbiamo utilizzato prima una carta a grana grossa (120) per togliere le imperfezioni maggiori, successivamente una carta a grana fine (320) per rifinire la superficie dell'oggetto.

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In pochi minuti e con poco sforzo è quindi possibile ottenere un oggetto perfettamente liscio che al tatto si presenta non più “plasticoso”, come gli oggetti in PLA o ABS, ma più simile al marmo originario del reperto. C’è da dire che al tatto la somiglianza è forse più simile al gesso, mentre il colore è effettivamente bianco marmo; questo è l’altro aspetto che più ci ha colpito, seppur non fosse determinante per i nostri obiettivi. Il colore della stampa è di un bianco opaco che rende molto bene tutti i particolari dell’oggetto, anche i più piccoli, e in ogni condizione di luce.

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Il materiale è disponibile anche in altri colori: oltre il bianco marmo del Monumental, il grigio cemento del Cementum, il marrone argilla dell’Heritage Brick, il nero pietra del Dark Stone e il giallo sabbia del Sandy.

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In conclusione, è un buon materiale indicato per chi ha necessità di stampare oggetti da esposizione (come oggetti di design, plastici di architetture, reperti archeologici), poiché il colore opaco è di grande effetto e la possibilità di levigare perfettamente il materiale eleva la qualità estetica del prodotto finale.

Il filamento può essere acquistato qui in bobine da 500 gr al costo di 38 euro + IVA.

Un materiale sicuramente da provare!

ShareMind
Sul forum si trovano parecchie discussioni riguardo alla velocità di stampa rapportata alla qualità dell'oggetto realizzato dalla propria stampante. Molto spesso però sopratutto ai neofiti della stampa 3D questi argomenti possono portare ad una certa confusione. Con questa sorta di guida cercheremo di analizzare la velocità di stampa, una componente che è sicuramente una delle più importanti durante la fase di stampa.


La velocità di stampa e accelerazione

Purtroppo questo parametro, espresso in genere con due valori (velocità di stampa e velocità di traslazione), fornisce un’informazione sostanzialmente indicativa, e complessivamente poco attendibile.

Per almeno un paio di motivi. Il primo è l’accelerazione. Ne abbiamo già parlato, ma lo ribadisco volentieri. Quando ci riferiamo ad un’automobile, sapere che ha una velocità massima di 200 Km/h non ci fa pensare che possa sempre andare a questa velocità. Se la useremo in città, sarà ben difficile poterla mai raggiungere. Quando parliamo di stampanti 3D, siamo invece quasi portati a pensare che le velocità dichiarate siano in qualche modo valori assoluti.
In realtà, per la maggior parte dei modelli, dobbiamo considerare che una stampante 3D è un veicolo che si muove nel traffico…
E che raramente, se non addirittura mai, potrà arrivare alle velocità dichiarate, perché i percorsi da compiere sono troppo brevi per raggiungerle.

Il secondo motivo per il quale l’indicazione della velocità è un’informazione di per se poco significativa, è che questa viene fornita disgiunta da una corrispondente indicazione di qualità. Sostenere che una macchina può stampare a 120 mm/sec senza specificare come stamperà a quella velocità ha davvero poco senso.
E già che ci siamo, chiariamo un’altra questione: le velocità di stampa sono indissolubilmente legate alle caratteristiche termoplastiche del materiale.
Ad esempio, indipendentemente dalle caratteristiche della macchina, usando l’ABS non potremo mai stampare alle velocità con le quali stamperemo il PLA.
Letta da un’altra angolazione, questa asserzione significa: è del tutto inutile acquistare una macchina che dichiara velocità di stampa particolarmente elevate, se lavoreremo prevalentemente con l’ABS, o altri polimeri che impongono limiti alla velocità di stampa. Semmai, investiamo meglio il nostro budget, comprando una macchina più precisa o più affidabile.
Detto questo, sarebbe necessario addentrarsi un po’ più in profondità nell’aspetto qualitativo delle stampe.
Appurato che per un certo materiale è possibile raggiungere determinate velocità di estrusione, precisiamo immediatamente che alla massima velocità di estrusione possibile per un certo materiale non si otterrà la massima qualità di stampa.
Quindi, nel progettare una stampa, dovremo sostanzialmente scegliere se privilegiare la qualità o le prestazioni.

Bene. Fatte queste iniziali premesse, scendiamo più nel dettaglio dei principali fattori che determinano la qualità delle stampe.


Il piano di stampa

La qualità di stampa è grandemente influenzata dalla planarità della superficie del piano di lavoro e dalla sua temperatura.
Se la superficie non è perfettamente livellata e piana, presenta avvallamenti o residui di stampe precedenti, la qualità della stampa sarà irregolare.

Per alcuni materiali (es. ABS) è inoltre indispensabile disporre di un piano riscaldato. In generale, se la temperatura del piano (per materiali che richiedono il riscaldamento) è troppo bassa, l’adesione del polimero non sarà ottimale, e il materiale tenderà a deformarsi o staccarsi.


Il primo layer

Il primo layer non si scorda mai…
Si potrebbe iniziare, scherzando, in questo modo. Ma scherzando neanche troppo, perché il primo layer è il più importante di tutti. Rappresenta infatti le fondamenta sulle quali verrà costruita la parte da stampare.
Generalmente viene stampato con uno spessore maggiore rispetto ai layer successivi, per compensare le irregolarità del piano di lavoro (dovute ad una calibrazione sommaria, o ad una scarsa qualità della superficie). Un valore di riferimento è circa l’80% del diametro dell’ugello di stampa, es. per un ugello 0,4 il piano può essere 0,32 mm.
Se il primo layer è troppo sottile, si raffredderà prima del necessario, innescando il ritiro del materiale (con conseguente deformazione del modello, che si imbarca).
Anche per quanto riguarda la velocità, il primo layer richiede accortezze. Normalmente viene stampato ad una velocità inferiore, per assicurare una buona adesione del “piede” della parte da stampare. E, sempre per ottenere una buona adesione, la temperatura alla quale viene stampato il primo layer è generalmente di 5-10° superiore rispetto a quella dei layer successivi.


Temperatura

Semplice. Si dovrebbe usare la temperatura più bassa possibile che consenta di stampare alla velocità desiderata. Se si sente il pignone dell’estrusore “grattare” il filamento (con il caratteristico ticchettio), la temperatura è troppo bassa: il filamento non viene fuso abbastanza velocemente, e la temperatura va alzata.
Se la stampa presenta rigonfiamenti sui bordi e una scarsa definizione, l’estrusore è troppo caldo e la temperatura va abbassata.

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Nota bene: la regolazione della temperatura è un aspetto critico, e andrebbe effettuata anche quando si utilizza lo stesso polimero di marche differenti (o addirittura in certi casi lo stesso polimero della stessa marca con colori differenti).


Velocità di stampa

Anche se la stampante può raggiungere velocità molto elevate, l’impostazione di velocità “conservative” premia con una migliore qualità, meno “stringing” (filamenti sottili tra gli intervalli del modello), una maggiore precisione dei bordi. Pensiamo semplicemente all’inerzia. Il filamento che viene deposto è allo stato plastico, semifluido. Quando la stampante si muove ad alta velocità e incontra un brusco cambiamento di direzione (es. lo spigolo di un parallelepipedo) la meccanica della stampante – che è rigida – esegue la curva a gomito. Il filamento, che stava andando a tutta velocità verso una certa direzione, prosegue invece per inerzia dopo la curva a gomito – per un brevissimo tratto – nella direzione precedente.
E’ come se stessimo correndo con un bicchiere pieno di liquido e improvvisamente decidessimo di girare rapidamente a sinistra o a destra. Osservate quello che fa il liquido nel bicchiere: in misura minore, il filamento fuso farà la stessa cosa.
Visto dall’alto il modello presenterà come dei piccoli rigonfiamenti dopo gli spigoli, che saranno evidenti lungo tutta la parete. Se questa circostanza si verifica, e la qualità è un fattore importante, non c’è altro rimedio che ridurre la velocità di stampa.
Attenzione tuttavia a non ridurla eccessivamente: anche questo presenta degli svantaggi. Stampando troppo lentamente la superficie viene surriscaldata dalla presenza dell’estrusore “troppo a lungo” sul materiale, e si ottiene una superficie in stile “budino”. Come criterio generale, velocità e temperatura vanno di pari passo: all’aumentare della velocità è necessario aumentare la temperatura, e viceversa.


Qualità e calibrazione del filamento

E’ importante verificare sempre il diametro del filamento all’atto del caricamento di una nuova bobina. La misurazione deve avvenire con un calibro, più volte ad una certa distanza, ed è necessario calcolare il valore medio.
Specialmente utilizzando filamenti economici, è facile perdere una grande quantità di tempo nel cercare di correggere difetti che non dipendono dall’hardware, ma da irregolarità nel diametro del filamento.
Il PLA come noto è particolarmente sensibile alla illuminazione solare ed alla temperatura di immagazzinamento: conservare sempre i filamenti in luoghi bui ed asciutti.
Acquistare materiali di buona qualità da venditori affidabili fa risparmiare molto tempo ed evita la produzione di stampe inutilizzabili. Talvolta, la cattiva qualità di un filamento può causare il blocco degli estrusori (a causa di impurità nel polimero), o malfunzionamenti del sistema di trascinamento che rendono letteralmente impossibile stampare.


Umidità

Tutti i polimeri sono più o meno igroscopici. L’acqua trattenuta all’interno delle fibre si trasforma in vapore quando viene riscaldata dall’estrusore: il risultato è che l’ugello tende a “colare” ed emettere vapore, producendo stampe “schiumose”. Per evitare questo genere di problemi, conservare sempre le bobine in luoghi asciutti e caldi, possibilmente in buste chiuse contenenti sali deumidificatori (es. silica-gel).


Raffreddamento della stampa

Il PLA ed altri filamenti con composizione simile (es. il LayBrick di Orbi-Tech) richiedono una energica rimozione del calore, per evitare la deformazione delle stampe. Il Nylon e l’ABS generalmente non richiedono raffreddamento. I vari programmi di slicing offrono diverse opzioni per controllare di conseguenza il funzionamento della ventola.


Progettazione ed orientamento della parte

Nel corso della progettazione dei modelli da stampare, è importante considerare le potenzialità e i limiti delle stampanti 3D, soprattutto se gli oggetti dovranno avere particolari caratteristiche meccaniche.
I criteri da seguire sono molti. Mi limiterò a citarne alcuni tra i più ovvi, ma con l’esperienza sarà possibile adottare svariati accorgimenti per evitare di produrre oggetti in seguito inutilizzabili.



Tutti gli oggetti da stampare dovranno avere la più ampia base possibile, per garantire che non si distacchino durante la stampa. Quindi generalmente e salvo casi particolari, gli oggetti andranno orientati in modo che il lato con superficie maggiore sia a contatto con il piano di lavoro.
Un importante considerazione va fatta tenendo presente la particolare “trama” con la quale gli oggetti vengono prodotti. In senso verticale troviamo semplici strati sovrapposti; in senso orizzontale, troviamo un intreccio di filamenti paralleli, alternati (generalmente a 90°) rispetto allo strato precedente. La direzione “orizzontale” (intrecciata) è molto più robusta di quella verticale (stratificata). Se dovessimo ad esempio costruire un oggetto che dovrà fungere da tirante, sarà pressoché indispensabile costruirlo in modo che lo sforzo di trazione agisca parallelamente all’intreccio. In caso contrario, probabilmente la parte si romperà, sottoposta a trazione, per il fenomeno della delaminazione (tendenza degli strati a separarsi se sottoposti a uno sforzo di trazione perpendicolare agli strati).
Una situazione da evitare accuratamente è la stampa (singola) di oggetti piccoli e alti. Nonostante la possibilità di rallentare la stampa e di utilizzare la ventola al massimo regime, la permanenza pressoché continua dell’estrusore sulla medesima zona ne determinerebbe l’inevitabile deformazione. Attenzione: questo problema può presentarsi anche stampando contemporaneamente diversi oggetti, nei quali uno tra questi presenti una piccola zona in significativo rilievo rispetto all’altezza massima degli altri oggetti contemporaneamente stampati.

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Se proprio una situazione come questa fosse inevitabile, per esigenze progettuali, aggiungere degli oggetti “dummy”, che avranno lo scopo di “far perdere tempo” alla testina di stampa tra uno strato e il successivo, evitando il contatto prolungato con la stessa piccola zona.
Considerare, se necessario, la possibilità di progettare il modello in parti che verranno assemblate successivamente (e che quindi possono essere orientate in modo da sfruttare i vantaggi di robustezza della trama), piuttosto che realizzare un modello singolo di scarsa robustezza.
I diversi software di slicing consentono generalmente di assegnare uno spessore al piano inferiore, uno al piano superiore e uno alle pareti (comune a tutte le pareti). Questo può rappresentare un limite. Ma nulla vieta, per ottenere una migliore robustezza ove necessario, di progettare in partenza un modello che abbia ad esempio pareti di diverso spessore, ed usare nella stampa un riempimento solido. Naturalmente, in questo caso sarà necessario generare direttamente nel software di modellazione i supporti necessari.
Porre attenzione alla collocazione dell’oggetto nello spazio di lavoro dello slicer. Ad esempio, per stampare una forma a “T” sarà conveniente stamparla capovolta. Effettuando la stampa così com’è, si dovrebbe creare una struttura di supporto, che allungherebbe i tempi di stampa ed aumenterebbe i costi.

Supporto (con doppio estrusore)

Si dovrebbe ricorrere all’utilizzo di supporti generati con il secondo estrusore solo in caso di effettiva necessità, e dopo aver tentato (vedi punti elencati in precedenza) di adottare altre soluzioni, tenendo conto che alcuni slicer (es. Cura) generano supporti facilmente rimovibili anche con un estrusore singolo.
Comunque, ove il ricorso al secondo estrusore fosse inevitabile, la macchina dovrà essere perfettamente a punto. Un piano di lavoro non livellato produrrà risultati inaccettabili, e l’offset tra i due estrusori dovrà essere attentamente calibrato. Se le due stampe (materiale e supporto) dovessero risultare disallineate o parzialmente sovrapposte, si otterrà una stampa “contaminata”.


Parametri dello slicer

Considerando le precedenti raccomandazioni, prima della stampa perfezioniamo i principali parametri dello slicer.


Diametro del filamento

Qualsiasi slicer ha la necessità di conoscere con precisione il diametro del filamento che verrà utilizzato. Sarà quindi necessario, a ciascun cambio di bobina, effettuare almeno tre misurazioni, su un campione di 2 o 3 metri, e calcolare la media dei valori rilevati. Questo valore è MOLTO importante, e non va sottostimato, poiché lo slicer lo utilizza per far ruotare il pignone di alimentazione quanto necessario. Comunicando un valore errato si può ottenere una stampa di cattiva qualità, che tende a delaminare o, all’inverso, si rischia di intasare l’ugello con conseguente slittamento del filo.


Moltiplicatore di estrusione

Questo valore, generalmente espresso in percentuali variabili tra lo 0.9 e 1.1, modifica proporzionalmente l’ammontare di flusso dell’estrusore. Prima di utilizzarlo, è conveniente verificare la validità del diametro del filamento impostato, ed eventualmente il firmware della macchina.


Spessore del layer

E’ l’altezza delle “fette” con le quali lo slicer suddivide il modello. Uno spessore elevato permette di ridurre i tempi, ma realizza superfici meno rifinite, mentre uno spessore basso migliora la qualità (e la robustezza della parte) a scapito di tempi di stampa superiori.
Mentre lo spessore minimo dipende dalla stampante (alcune arrivano a 0.05 mm, ma i tempi sono biblici), quello massimo non può essere in ogni caso superiore all’80% del diametro dell’ugello.
Il primo strato generalmente è più spesso, per compensare eventuali dislivelli del piano di lavoro, mentre i successivi sono definiti in base alla qualità di finitura desiderata.
All’interno della scheda che consente di definire lo spessore dei layer è anche generalmente possibile controllare lo spessore dei profili e lo spessore delle pareti piane inferiore e superiore.


Larghezza di estrusione

Può essere controllata da alcuni slicer, ma in questo caso il valore specificato prende il sopravvento rispetto allo spessore del layer. Non dovrebbe essere inferiore al diametro dell’ugello.


Diametro ugello

E’ necessario specificarlo per Cura e Slic3D, non per Kisslicer, che effettua calcoli volumetrici. Può variare da 0,2 a 0,8 mm.


Temperatura di estrusione

Va impostata ad un valore sufficiente a rendere plastico il filamento, ma non troppo elevata per evitare che l’estrusore “coli” materiale anche durante i movimenti di traslazione, e si produca una cattiva finitura. In generale per il primo layer è impostata su valori più alti, per aumentare l’aderenza al piano.


Temperatura del piano di lavoro

Per l’ABS è mandatorio disporre di un piano di lavoro riscaldato, a meno che non vengano stampati oggetti molto piccoli. Anche per la temperatura del piano, in genere il primo layer viene impostato ad un valore superiore rispetto ai successivi, per migliorare l’adesione.

In alcuni modelli di stampanti economiche con struttura “aperta”, la potenza dell’alimentatore è modesta, e anche a fronte di piccole correnti d’aria (es. l’apertura di una porta) la temperatura del piano di lavoro cala bruscamente, causando uno shock termico all’oggetto in corso di stampa, ed una serie di potenziali problemi. Per questo sono preferibili stampanti chiuse, o quantomeno dotate di sufficiente potenza per raggiungere e mantenere la temperatura programmata anche in presenza di variazioni climatiche nell’ambiente.


Ritrazione

Definisce quanti millimetri il filamento deve essere ritratto al termine della stampa di una zona e durante il passaggio alla successiva, per evitare che il materiale continui ad essere “colato” durante i movimenti di traslazione. In genere è inferiore a 6 mm.


Raffreddamento

Viene effettuato da una ventola posta sull’estrusore, che convoglia l’aria fredda nella zona di stampa. E’ mandatorio per il PLA, che va raffreddato il più rapidamente possibile dopo la deposizione, per evitare deformazioni.
Normalmente il valore è espresso in percentuale (100% = massima velocità della ventola).


Skirt

È un perimetro di offset della base del modello, tracciato ad una certa distanza per inizializzare l’estrusore, e fare in modo che nel momento in cui viene effettuata la stampa vera e propria la camera di fusione sia carica. Generalmente è possibile definire quante linee stampare.


Brim

E’ una estensione, stampata soltanto in occasione del primo layer, della larghezza base dell’oggetto, effettuata per aumentare l’adesione al piano. Per i programmi che lo prevedono, è espresso in millimetri.


Raft

E’ uno strato facilmente rimovibile (uno o più layer) stampato sotto la base del modello per aumentare l’adesione. Generalmente è più largo della base (in misura definibile) ed ha una trama molto più rada (proprio per facilitarne la successiva rimozione) rispetto ai layer veri e propri.


Supporti

Per le zone con elevato sottosquadro è necessario provvedere un adeguato supporto. I software di slicing offrono diverse opzioni per definire la l’architettura delle strutture di supporto, che vengono poi generate in automatico. Generalmente la loro successiva rimozione è facilitata. I supporti possono essere creati (con un diverso materiale, es. idrosolubile) anche con il secondo estrusore, per le macchine che ne sono dotate.


Riempimento (infill)

Le parti da stampare vengono automaticamente riempite con una densità programmabile e pattern definibili. In genere, si cerca di utilizzare i pattern che richiedono meno filamento, anche per velocizzare le stampe. Sebbene alcuni programmi offrano pattern molto divertenti (es. a nido d’ape), generalmente si torna prima o poi ad usare il classico “rectlinear” (quadrati orientati a 45°), che richiedono meno tempo.
Il valore di riempimento è normalmente espresso in percentuale. Un valore di 0,2 è generalmente sufficiente, ma se l’oggetto deve avere una particolare resistenza meccanica, è possibile aumentarlo.


Bridge

Sono dei veri e propri “ponti” tra due diverse zone di stampa che vanno collegate. Questi ponti non prevedono supporto, e ovviamente possono collegare tratti piccoli. Il valore del parametro è espresso in velocità, che deve essere più elevata possibile, senza per questo spezzare il filamento deposto. Valori troppo bassi creano l’insellamento del ponte, non consentendo di ottenere piani corretti.


Threads

E’ un parametro che stabilisce quanti processori virtuali verranno usati per il calcolo del codice macchina. Valori più elevati riducono i tempi di calcolo, ma a scapito di una maggiore quantità di memoria utilizzata.



Gabriele Carrara
Al momento dell'annuncio della tecnologia super veloce CLIP, che non crea oggetti strato dopo strato ma li ‘cresce’, Carbon3D ha creato molto entusiasmo nel mondo del 3D con il suo famoso video diventato virale in pochi giorni.

L’uscita di questo progetto ha creato una vera e propria corsa per abbinare il top-down all’alta velocità (100mm/h – 500 mm/h) alla tecnologia DLP-SLA.

In questa gara, Andreas Bastian, ricercatore di stampa 3D Autodesk, ha voluto capire cosa ci fosse di tanto difficile  riguardo al processo DLP top-down utilizzato da Carbon3D.

Il team di Autodesk Ember guidato da Andreas Bastian, si propose così di costruire una stampante top-down con una campagna pubblicitaria basata sull’alta velocità.

La versione innovativa di Carbon3D a riguardo della tecnologia DLP, utilizza l’ossigeno come inibitore e una luce come agente indurente.

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Grazie a questo procedimento si creano quelle aree in cui il materiale non deve indurire, il prodotto finale cosi prende forma ‘crescendo’ dalla resina dalle 25 alle 100 volte più veloce rispetto alle macchine che utilizzano una normale tecnologia DLP-SLA.

Ovviamente la ricerca e lo sviluppo di questo macchinario da parte di Carbon3D è riservata, così che il team di Autodesk hanno voluto mettere nel progetto delle ore totalmente dedicate ai test o alle prove. Bastian spiega che: Carbon3D ha fatto dei notevoli progressi nel processo di stereo litografia questo ha dato a Autodesk un forte motivo per fare un indagine e capirne meglio il funzionamento.

Così iniziò la costruzione di una stampante top down DLP SLA 3D, con Fusion 360 e file STEP, tentando di riprodurre i risultati.

Per l’automazione dell’hardware e la programmazione il team ha lavorato con Cappie Pomeroy, in seguito sono iniziati i vari test con diverse tipologie di resine tra cui:

PR8: Resina base di Autodesk utilizzata principalmente per prototipi con una viscosità di 183 mPa*s

Spot A : Resina di Spot-GP con 63 mPa*s

Fun To Do: Resina con circa 160 mPa*s

Con tali resine sono state create una varietà di geometrie da tubi a un cranio.

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Questi test hanno permesso di constatare che l’azienda è stata in grado di creare una stampante a bagno di resina che soddisfava i parametri prefissati ad inizio progetto. Siamo quindi di fronte ad un nuovo modo di far ricerca e soprattutto di "livellare" la concorrenza da parte di Autodesk? Diteci come la pensate al riguardo sul nostro forum.

Open BioMedical Initiative
Da quando nel 2004 presso l'università di Manchester il professor Andre Geim e il dottorando Konstantin Novoselov lo scoprirono, il grafene si è dimostrato un materiale dalle eccezionali proprietà che ne consentono l'applicazione in svariati campi. Adesso rappresenta la nuova frontiera della ricerca biomedica, il materiale perfetto per interagire con la materia organica.

È una forma di carbonio, come le mine delle matite o i diamanti, ma si tratta di un materiale “bidimensionale”, costituito da strati dello spessore di un singolo atomo, in cui atomi di carbonio si legano l’uno con l’altro a formare un reticolo esagonale. È il materiale più sottile mai isolato, 100 volte più resistente di un campione equivalente di acciaio ed è flessibile come la gomma. Lo si può allungare il 120 per cento della sua lunghezza e conduce l’elettricità 250 volte meglio del silicio. La sua struttura lo rende sostanzialmente trasparente ma è al tempo stesso impenetrabile, persino i più piccoli atomi come quelli del gas elio non ci riescono, ma, soprattutto, è compatibile con il tessuto cellulare umano. Daniel Stolyarov di Grafene 3D Lab ci offre una panoramica dei possibili usi:



Tutto questo si traduce in una sfida nel trovare le tecniche di fabbricazione che permettano la manipolazione diretta del materiale. Ad esempio, il grafene in fase liquida è utilizzato per stampare sottili film conduttivi; in forma di aerogel, stampato in bagno di solvente, è molto promettente per batterie, condensatori e celle a combustibile di idrogeno.


Nella Northwestern University un gruppo di ricercatori guidati da Ramille N. Shah ha sviluppato una soluzione a base di grafene da utilizzare come inchiostro per biostampanti 3D. Filamenti del diametro di 100-1000 micron permetteranno di ottenere materiali con forma arbitraria, elettricamente conduttivi, meccanicamente resilienti e flessibili.

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Già precedentemente il grafene è stato utilizzato per esperimenti simili, utilizzandone fino a circa il 20% in volume del composto: l’inchiostro risultante non ha però conservato le caratteristiche elettriche. Utilizzando una percentuale in volume del 60%, il team di Shah ha ottenuto un materiale molto flessibile e facilmente stampabile, nonostante il grafene sia di per sé rigido e fragile.

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Il team ha utilizzato questo composto per stampare strutture da utilizzare in esperimenti con cellule in vitro: i risultati sono stati assolutamente interessanti.

Senza l’aggiunta di fattori di crescita, le strutture stampate con grafene supportano la crescita, la proliferazione e l’attività delle cellule, soprattutto se con morfologia estremamente allungata, tipiche di assoni e cellule nervose, per un tempo di almeno trenta giorni.

Esperimenti chirurgici su parti di cadavere hanno dimostrato una ottima biocompatibilità e caratteristiche di maneggevolezza eccezionali, utilissime in microchirurgia. Queste proprietà, combinate con la facilità di fabbricazione mediante stampa 3D, aprono la strada alla produzione di una vasta gamma di dispositivi biomedicali.

“Scaffold flessibili personalizzati possono essere costruiti su misura e utilizzati per la sutura diretta dei tessuti, sostenendo contemporaneamente la crescita delle cellule e la rigenerazione del tessuto stesso senza una risposta immunitaria grave” afferma Shah.

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La conduttività insita del materiale facilita il passaggio dei segnali elettrici e la differenziazione cellulare: gli effetti a lungo termine devono ancora essere studiati, ma si apre comunque una nuova porta per la soluzione dei problemi di rigenerazione dei tessuti elettrogenici come i nervi e la muscolatura cardiaca.

Da non sottovalutare le possibili applicazioni in biosensori impiantabili e tutti i dispositivi elettrici: i bassi costi di fabbricazione ne permetteranno una rapida diffusione.

Gli strumenti così prodotti potrebbero aprire un nuovo capitolo di ricerche per affrontare anche la questione della rigenerazione dei nervi, un problema che interessa molte persone affette da malattie invalidanti gravi, come la sclerosi multipla. O magari, con dispositivi al grafene si riuscirà a bypassare la rottura del midollo spinale e permettere di nuovo ai segnali elettrici di raggiungere i nervi periferici. Pensate cosa può significare per le persone che si trovano costrette a non muoversi più a causa di un incidente o di una malattia. Forse mi faccio prendere dall’entusiasmo, ma ogni giorno in tutto il mondo ci sono scienziati che pubblicano i loro studi e ognuno racconta di risultati che incoraggiano ad andare avanti. In fondo chi sta male non smette mai di chiedere di guarire e l’unica speranza che queste persone hanno è che la ricerca non si fermi mai.

Lusiana Pasquini 

Roberto Coppa

Scanner 3D professionali Artec

Pubblicato da Roberto Coppa, in Novità,

Artec 3D è un'azienda che fonda il suo business nello sviluppo e nella vendita scanner 3D professionali e di sistemi di sicurezza attraverso la scansione tridimensionale dei volti. Il team è composto da professionisti che lavorano insieme da più di dieci anni e che sono esperti nel campo dell’acquisizione di immagini e del riconoscimento facciale; queste esperienze hanno portato l’azienda a diventare leader nel mondo, con sede principale a Lussemburgo e uffici in Russia e in California.


SCANNER 3D PROFESSIONALI ARTEC: QUALI SONO E COME FUNZIONANO

Come ben sappiamo, esistono diverse tipologie di scanner 3D. Comprese le varianti, Artec può vantare di quattro differenti modelli, tra cui tre scanner 3D portatili e uno fisso. Questi si differenziano principalmente per tipo di applicazione e costo.


SCANNER 3D ARTEC EVA

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Lo scanner 3D Artec Eva è il primo sulla lista di Artec per il suo costo contenuto. Il suo funzionamento è simile a quello di una fotocamera che rileva informazioni tridimensionali. Sposa alte prestazioni e maneggevolezza grazie al peso di 850 g e una risoluzione che arriva a 0.5 millimetri. L’accuratezza nei punti arriva a 0,1 millimetri e il campo di lavoro è compreso tra 0,4 e 1 metro, rilevando fino a 16 immagini al secondo. Le sue caratteristiche lo rendono adatto per la scansione di oggetti di media grandezza come una sedia, il sistema di scarico di una moto o il presidente degli Stati Uniti.

http://www.stampa3d-forum.it/wp-content/uploads/2015/06/SCANNER-3D-PROFESSIONALI-ARTEC-02-obama-1024x726.pnghttp://www.stampa3d-forum.it/wp-content/uploads/2015/06/SCANNER-3D-PROFESSIONALI-ARTEC-03-obama.png

Non è necessario alcun marcatore o sistema di referenzazione, sarà direttamente il software a rielaborare la scansione e a riconoscere la geometria del solido scansionato, allineando automaticamente la nuvola di punti rilevata. Il rilievo dei colori è a 24 bit/pixel, con una risoluzione di 1.3 megapixel. L'allineamento avviene in tempo reale e viene mostrato sullo schermo del pc collegato allo scanner via USB 2.0, rendendo la scansione veloce e senza perdite di tempo in post-produzione.

Eva ha un costo di 13'700 €; è disponibile anche nella versione ‘lite’, limitata nella possibilità rilevare i colori dei modelli, a 9'700 €. Successivamente è comunque possibile fare l’upgrade per la versione completa pagando la differenza di 4'000 €.


SCANNER 3D ARTEC SPIDER

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Saliamo di categoria e di prestazioni. Con lo scanner 3D Artec Spider si arriva ad una risoluzione di 0,1 millimetri e una accuratezza nei punti di 0,05 millimetri. Il campo di lavoro passa al range di 0,17-0,3 metri. Artec spider è uno strumento per i CAD-users e inventori di ogni tipo; è stato progettato apposta per rilevare dettagli in oggetti di piccole dimensioni e colori brillanti: scansionare oggetti piccoli con angoli, cambi di direzione, nervature e texture particolari non sarà più un problema. La distanza ottimale di rilievo è tra i 17 e i 30 cm. http://www.stampa3d-forum.it/wp-content/uploads/2015/06/scanner-3d-professionali-artec-04-spider.jpgEssendo uno scanner altamente preciso, l'elaborazione dei dati rilevati richiede una notevole potenza di calcolo, consigliando queste caratteristiche tecniche: processore I5 o I7, 12GB di memoria, scheda video Nvidia GeForce 400 i superiore, Windows 7 o superiore, 300MB di spazio su disco e 1 porta USB 2.0 libera per collegare lo scanner 3D al pc. Per ottenere la massima risoluzione di scansione è consigliabile attendere 30 minuti per far sì che avvenga il corretto riscaldamento delle componenti.

Come il modello più economico non deve essere calibrato e non necessita di marcatori come punti di riferimento. Prezzo: 15'700 €.


SCANNER 3D ARTEC SPACE SPIDER

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Come suggerito dal nome, è la versione più evoluta dello Spider, sviluppata originariamente per lavorare nello spazio. Mantiene temperature operative ottimali e consente di ottenere la massima precisione di dieci volte più velocemente rispetto al suo predecessore, permettendo un utilizzo a lungo termine nell’acquisizione dati. A differenza della versione standard, il tempo di riscaldamento delle componenti avviene in appena 3 minuti, velocizzando notevolmente l'attesa prima della scansione. Le caratteristiche tecniche richieste per il funzionamento sono le stesse dello Spider.

Guadagna inoltre un ulteriore anno di garanzia. Il costo è di 20'700 €.


SHAPIFY BOOTH

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E’ uno scanner fisso, ma non aspettatevi di posizionarlo sulla scrivania perché ha un’altezza di 3,3 metri e un diametro altrettanto grande. E’ dotato di ben 4 scanner Artec montati su un telaio cilindrico che ospita anche luci e un telo bianco di sfondo, il tutto ruota attorno al soggetto.

Ma qual è il suo target di utilizzo? E’ un prodotto collegato ad un servizio, infatti Shapify Both è fatto per essere ospitato nei vari service point di stampa 3D con lo scopo di creare modelli di un’intera persona in 12 secondi, per poi ottenere in 15 minuti il modello 3D creato automaticamente. A questo punto basta scegliere se si vuole il modello stampato dal service e spedito direttamente a casa o se si vuole il file magari per stamparselo da soli. Per acquistare la macchina sono necessari 34'700 €.

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Ciò che è necessario dire è che, anche se gli scanner Artec si posizionano nel segmento degli scanner 3D professionali, sono tutti caratterizzati da un'ottima semplicità d’uso. Il funzionamento è ‘plug and play’, ciò significa che, per iniziare una scansione, la lista degli accorgimenti da seguire si limita alla connessione via usb ad un pc e alla pressione del pulsante di avvio.

Ulteriori facilitazioni non mancano di certo: con gli scanner Artec è possibile ottenere il modello di un oggetto in più scansioni, oppure, per evitare di scansionare con il laptop attaccato, si può acquistare la batteria esterna da 16'000 mha e lavorare in scioltezza.

Per far funzionare gli scanner, Artec ha sviluppato in casa propria il software Artec Studio 10. Molte delle correzioni per i modelli scansionati possono essere delegate al programma, permettendo anche ai modellatori non esperti di ottenere un modello di alta qualità. Le principali funzioni del programma sono:



allineamento automatico delle scansioni;
semplificazione della mesh in modo rapido;
eliminazione automatica dei target usati in fotogrammetria;
correzione automatica della texture (riempimento dei buchi di texture analizzando le aree vicine);
facile eliminazione delle parti non volute.

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INDUSTRIE E APPLICAZIONI NELL’IMPRESA D’OGGI

Per quanto riguarda gli scanner 3D portatili le applicazioni sono moltissime e toccano gli ambiti più disparati, permettendo realizzazioni prima inimmaginabili:



medicina, con chirurgia plastica e protesi ortopediche;
industria, con prototipazione, ingegneria ‘inversa’, controllo qualità;
design, con ergonomia e computer grafica;
arte, con musei virtuali, archeologia, restauro;
criminologia.

Grazie allo scanner Shapify Booth invece si apre la frontiera dei service di scansione 3D a livello locale, con possibilità di vendita del file tridimensionale o del modello direttamente stampato in 3D.

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